Rintocchi della memoria

Categoria: libri
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Rintocchi della memoria 

di Giuseppe D'Onorio 

 

Uno studio sulle campane! Ma cosa si può dire sui sacri bronzi? Meritano un’attenzione particolare da giustificare la pubblicazione di un volume?

Comprendo bene le titubanze di chi si accinge a leggere i risultati del mio lavoro avente per oggetto le molte squille sparse nel vasto territorio del comune di Veroli.

Le stesse perplessità le ebbi anch’io all’inizio della ricerca, esattamente dieci anni fa.

Adesso a lavoro concluso, mi chiedo: ‹‹Saprei spiegare in maniera più precisa e dettagliata i motivi di questa indagine?››.

 

Ebbene vorrei rispondere con le stesse parole usate da S. Agostino quando gli fu chiesto che cosa fosse il “tempo”: ‹‹Se nessuno me lo chiede, lo so, ma se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, finirei col non saperlo››.

Questa ricerca, però, ha una sua origine. Durante i lavori di restauro del monastero delle benedettine di Veroli, ebbi l’occasione di salire sui tetti dell’antica chiesa di S. Maria dei Franconi e di imbattermi in due campanili, ognuno contenente due campane.

La forma, il suono, la grandezza, le iscrizioni dedicatorie, i committenti, i fonditori, le decorazioni presenti nei bronzi mi incuriosirono molto. Così iniziai a ricercare e mai avrei immaginato quante vicende ci fossero dietro le campane. Mi resi conto di non sapere molto sui sacri bronzi e ciò fu la molla per approfondire, per capire sempre più. Allargai, allora, la ricerca a tutto il territorio di Veroli. E una città ricchissima di chiese, basiliche, monasteri non poteva non avere una storia di campane, strumenti che hanno sempre scandito, con i loro rintocchi, la vita di una comunità e che esprimono storia, arte e poesia.

Storia caratterizzata da eventi gioiosi, ma anche tragici di una collettività o di un singolo individuo; arte che si manifesta nella forgiatura del bronzo risultato della maestria del fonditore, depositario di tecniche trasmesse di generazione in generazione; poesia in quanto a nessuno sfugge l’armonia del suono della campana, che è sempre lo stesso, che ha accompagnato e accompagnerà la vita di molte generazioni, che è poi la vita dei nostri nonni e dei nostri genitori e lo sarà dei nostri figli. Un segno che, in breve tempo, abbraccia il passato, il presente e il futuro. In questi termini le sonore squille fanno la loro comparsa anche nei più significativi componimenti di Leopardi, Carducci, Pascoli e di molti altri insigni poeti e prosatori.

Così capii che conoscere le campane significava comprendere sempre più la propria storia e e il contesto che l’ha prodotta. Scrive a proposito D’Andrea nel suo lavoro Campane e fonditori di campane in Abruzzo e Molise dal 1532 ai nostri giorni (parte prima, Calamari 1979, p. 40): ‹‹E a parte i pregi dei manufatti, la storia delle costose e lente costruzioni delle torri campanarie, nonché le vicende legate agli usi religiosi e civili che si facevano di campane e campanili, sono tutte cose che si identificano con la storia e le vicende degli abitanti di cui questi due elementi sono simbolo››.

Durante lo svolgimento della ricerca e in particolar modo quando ero sui campanili o sui tetti, mi chiedevo se fosse stato più interessante descrivere le campane oppure raccontare le peripezie di chi, sofferente un po’ di vertigini, era arrivato su questi luoghi alti e spesso poco sicuri. Qualche volta dopo essere giunto in alto, lì dove erano alloggiati i bronzi, discendevo un po’ deluso perché la fatica non davo i suoi frutti: su alcuni non c’era il nome del fonditore, su altri non compariva la data, su altri ancora nessun tipo di iscrizione era presente. Altre volte la lettura era quasi proibitiva e resa possibile solo dopo aver trovato un non trascurabile “equilibrio”, perché il bronzo era collocato in maniera tale che la parte più significativa dell’iscrizione era sul lato esterno dell’apertura dell’arco (fornice).

All’esperienza diretta, che mi ha visto in bilico sui campanili verolani, ho fatto seguire, dove è stato possibile, l’indagine su documenti. Ho consultato archivi ecclesiastici, fondi pubblici e privati. Spesso la ricerca ha avuto buon esito e sono saltate fuori interessanti notizie e, anche se sporadicamente, qualche contratto di fusione di alcune campane. Non ho avuto un grande apporto a livello bibliografico in quanto di studi del genere se ne trovano ben pochi e quelli che ci sono non riguardano né il nostro territorio né la nostra regione.

Il presente volume è composto di una prima parte dove mi soffermo sugli aspetti religiosi, civili e sociali del suono dei bronzi nella vita cittadina. Nella seconda parte, invece, analizzo le caratteristiche di ogni singola campana presente nel vasto territorio di Veroli, iniziando dalle squille poste nel centro storico, e precisamente da quelle situate nella parte alta della città e via via a scendere verso il borgo medievale di S. Croce per poi uscire dalle “mura” e presentare campane nuove o storiche, “chiacchierine” o dal suono robusto, minute o possenti collocate a Sud e a Nord del territorio comunale. Il lavoro si conclude con il repertorio di tutti i bronzi verolani e dei fondatori per facilitare il lettore nella ricerca.

Nel volume è raccolto tutto il materiale disponibile. Sono certo, però, che c’è ancora tanto da dire sulle campane verolane e sicuramente altri studiosi potranno contribuire a completare la ricerca.

In poche parole il lavoro racchiude quello che ho scritto e documentato e ciò che non ho detto, ma che altri potranno trattare successivamente.

Potrei definire la presente ricerca la prosecuzione ideale del libro, recentemente pubblicato, di Giuseppe Trulli, I segreti di Veroli 300 iscrizioni, dove l’autore, con diligenza e competenza, riporta cronologicamente le iscrizioni da lui raccolte. A queste iscrizioni oggi si aggiungono quelle poste sui sacri bronzi. Così un altro segmento della storia di Veroli è a disposizione di tutti coloro hanno desiderio di approfondirne la conoscenza.

Prima di concludere non mi resta che ringraziare i molti che hanno con me collaborato affinché questo lavoro vedesse la luce. Un grazie sentito a che mi ha fornito preziose notizie archivistiche, a chi mi ha dato suggerimenti, a chi mi ha retto le scale ed è salito con me sui campanili, a chi ha osato dove io non sono riuscito a salire, a chi ha riprodotto i disegni delle campane, a chi ha scattato foto, a chi mi ha aperto gli archivi e a chi mi ha continuamente sostenuto moralmente ed incoraggiato.

Tutte queste persone possono essere considerate coautrici del presente volume.

In ultimo non posso non esprimere riconoscenza al Centro di studi sorani “Vincenzo Patriarca” di Sora e al suo presidente prof. Luigi Gulia per aver preso in considerazione questa mia ricerca e per averne curato la pubblicazione. Già negli anni passati il Centro sorano si è interessato della realtà culturale di Veroli dando alle stampe opere di un certo rilievo scientifico sugli umanisti verolani: Giovanni Sulpicio e Aonio Paleario.

Con la pubblicazione sulle campane verolane si consolida la collaborazione tra la città di Veroli e il Centro di studi sorani.

Prof. Giuseppe D’ONORIO

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