Francesco Francesconi

Categoria: storia
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Il cosiddetto “brigante di Casamari” è un certo Francesco Francesconi, che all’inizio del 1900 faceva il “guardiano” dei monaci di Casamari per la grancia di loro proprietà, chiamata Antera. Egli era nato nel 1841 da Antonio, detto “Polentone” o “Fagiolo”, e da una certa Concetta, donna bella e di facili costumi, la quale lo abbandonò alle cure della balia Teresa Lombardo.

In giovinezza, aveva militato dapprima nell’esercito borbonico, quindi si era arruolato con la banda di Chiavone. Per divenire, alla morte di questi, squadrigliere papalino in forza alla gendarmeria di Santa Francesca. Temperamento originale, battagliero e amante dell’avventura, ma forse anche spinto da necessità di sopravvivenza, partecipò a numerose imprese militari, tra cui la battaglia di Calatafimi e la difesa di Roma nel settembre del 1870, come soldato del papa. Arrestato nel 1873 per aver ferito con una pugnalata una guardia nazionale a Sora, fu condannato a dieci anni di reclusione nel carcere di Pianosa. Ne uscì nel 1884. Finì i suoi giorni facendo il guardiano dei monaci di Casamari nella loro proprietà dell’Antera. Sposò Oliva Martellacci da cui ebbe cinque figli, tre maschi e due femmine, il primo di nome Pio.

 

Molti episodi sono stati trattati da lui con schietta franchezza in una serie di lettere dirette allo storico di Casamari Don Mauro Cassoni, che lo avava spinto a mettere per iscritto, in forma epistolare, gli episodi salienti delle imprese, che il vecchi amava raccontare ai piccoli seminaristi cistercensi. Tra questi c’era anche l’attuale abate di Casamari, Don Nivardo Buttarazzi, che ricorda distintamente la figura di quell’uomo alto e magro che portava sempre il fucile da caccia a tracolla. Francesconi raccontava, per esempio, che spesso Chiavone, dalla spelonca in cui vivevano “come selvaggi”, lo inviava a Sora per scoprire le mosse dei Piemontesi che avevano lì una guarnigione. Egli si travestiva da donna e con un fascio di erba sulla testa, come usavano le donne di Ciociaria,compiva la sua missione e, non senza paura, tornava a riferire. Altre volte “il brigante” si dilungava nella narrazione della battaglia di di Calatafimi che egli stesso definiva “la catastrofe di Calatafemmina”.

( Profilo tratto dalla rivista cistercense anno I – numero 3 )

Calatafimi, provincia di Trapani, nota per essere stata teatro il 15 maggio 1860, di una vittoriosa battaglia di Garibaldi contro i borbonici.

 

L.A.

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